domenica 15 dicembre 2013

LA CULTURA E’ COOL
Ovvero: Il corno e la Reggia, il Villaggio Preistorico e il concertone e Pompei che cade a pezzi



Al giorno d'oggi la parola "bene culturale" va di moda. Fa trendy. E’ cool (direbbero gli americani).  Stato, Regione, Provincia e Comune fanno a gara a “comunicare” le loro iniziative. La cultura di qua, la cultura di là. Di cultura si può vivere, col turismo si può campare etc etc... Però i nostri politici (e i nostri amministratori) a tutti i livelli (ovviamente ci sono le dovute eccezioni) fanno investimenti, anche di un certo valore economico che non riesco a comprendere, nonostante ci metta tanta, ma tanta buona volontà.
 Esempi concreti
1) La Reggia di Caserta è la vergogna d'Italia. Opera d’arte riconosciuta a livello mondiale (sigilli Unesco) che versa in condizioni davvero pietose. E il sindaco di Casera cosa fa? Spende 75mila per un corno (opera d'arte posizionata davanti alla Reggia). Ma dico io, in un periodo di crisi delle casse pubbliche, abbiamo soldi da investire e che si fa? SI compra un corno…
2) A Nola il Villaggio Preistorico, tesoro unico e unica testimonianza dell’età del bronzo (da molti studiosi chiamata la “Pompei della preistoria”) affonda (o meglio è già affondato) nel fango e la Regione Campania finanzia un "concerto nella cattedrale" (con numerosi big, da Massimo Ranieri ad altri, con Giletti conduttore.. i nomi onestamente non li ricordo) dal costo di ben oltre 150mila euro. Nel mentre l'assessorato ai beni culturali della cittadina partenopea (che ad onor del vero sta lavorando molto bene) per fare qualcosa di concreto è costretto ad elemosinare pochi spiccioli ai privato. Anche in questo caso, pur sforzandomi e arroventandomi le cerevella, non trovo senso logico. Ma come, dico io, abbiamo (o meglio la Regione ha, ma a conti fatti è la stessa cosa perché lo Stato siamo noi) oltre 150mila euro da investire e cosa si fa, si sponsorizza (pagandolo fior di quattrini) il concertone… Che andrà pure in differita sulla Rai Tv e darà visibilità alla città di Nola in chiave turismo, ma se il più importante bene archeologico (ce lo invidia - o ce lo invidiava non so, il mondo intero, almeno quello archeologico) è letteralmente sepolto dal fango (VEDI FOTO) i turisti cosa vengono a vedere (nei mesi che non siano giugno)?
3) Pompei poi è una spada nel cuore. L'avessero avuto in Toscana (regione che davvero riesce a vivere di turismo, basta averla visitata una volta per rendersene conto) un patrimonio del genere, gli avrebbero fatto “cagare” milioni di euro (una cornucopia per intenderci). Noi invece la stiamo facendo cadere a pezzi (nel vero senso della parola). Dove non è riuscito il Vesuvio stiamo riuscendo noi. Eppure, la Regione Campania investe 150mila euro e passa in un concertone.
Ora, vi supplico ho bisogno di qualcuno che mi spieghi. Io proprio non riesco a capire, a comprendere. ma è tanto difficile usare le cerevella, o quanto meno un po' di senso logico... Essere in fondo normali... provare a fare 1+1...
E poi ci si domanda perché la gente non va a votare, perché cala il consenso ai partiti politici, perché la gente protesta sempre più violentemente, perché Grillo piglia tutti quei voti (e sono sicuro alle prossime politiche farà il botto)
Se non ci arrivate voi politici-amministratori-burocrati-tecnocrati, contattatemi che ve lo spiego io...


venerdì 6 dicembre 2013

Il Porcellum, Mandela e il sorteggio dei mondiali



Dall’incostituzionalità del Porcellum, passando per la morte di Nelson Mandela arrivando al sorteggio dei mondiali. Il tutto in due giorni (anzi di meno). Notizie che hanno vita assai breve, che passano veloci nei commenti di quella grande piazza dei social network. L’incostituzionalità del Porcellum smuove le coscienze e fa gridare (virtualmente su social) allo scandalo e alla rivoluzione. Tutti a invocare un cambiamento, una svolta. L’indignazione di un popolo pronto finalmente a cambiare le cose. Almeno fino alla notte inoltrata. Quando arriva la triste notizia della morte di Nelson Mandela. E allora tutti a ricordare, citare, onorare. Tanta, tanta gente che si piange la buonanima di Mandela. E che poi sono gli stessi  che al primo semaforo digrignano “Questo nero di merda”. La commemorazione virtuale (con annessi propositi di rispettare i diversi) svaniscono stavolta in meno di 24 ore. Il tempo che dall’urna (maledetta) venisse fuori il nome dell’Uruguay. Mandela è già bello e dimenticato. E in tutti i cuori comincia a pulsare l’orgoglio pallonaro. Almeno fino al prossimo avvenimento (che con molta probabilità sarà l’imminente giornata di campionato). E così via, all’infinito. In un bailamme che ha l’unico effetto di anestetizzare le coscienze. Una sorta di vaccino che ci rende immuni da qualsiasi voglia concreta di cambiamento. Che ci fa urlare e protestare, sfogare contro le immondizie (cose immonde, sudicie, sordide, sozze) di ogni sorta in tempi brevi  ma che alla lunga ci fa accettare tutto e il contrario di tutto. Che ci commuove nel ricordo di un buono che scompare, nell’ammirare un gesto giusto o caritatevole, giusto il tempo per  sopire i nostri sensi di colpa. Un anestetico catartico che ha un solo scopo. Renderci immuni a qualunque cosa possa indurci al cambiamento reale. Nei fatti e nelle azioni. O quanto meno a pensare (o quanto meno a provarci) in maniera critica e soprattutto con la nostra testa (anche se questo è un’altra storia). A meno che non sia voluto da chi detiene il potere o i poteri (quello istituzionale, economico, politico etc. etc.).
"Balliamo tutti un turbinoso walzer… balliamo, balliamo, ci vogliono contenti e sorridenti" (cit.)


mercoledì 4 dicembre 2013

Ricordo quand’ero fanciullo…
(ovvero quando i bambini fanno merda)



La mia passione per il calcio è nata quando avevo circa sei anni. Ricordo ancora la mia prima volta allo stadio. Partita amichevole Nola (allora facevamo la serie D) e Napoli. Mio nonno e i miei zii, in accordo con papà e mamma, decisero che i tempi erano maturi. Avrei visto la mia prima partita di calcio dal vivo. L’amore scoppio in un istante. I giocatori, il pallone, l’agonismo (anche se era solo un’amichevole), ma anche i tifosi, l’atmosfera, l’adrenalina che si respirava allo stadio… e non da ultimo un certo senso di appartenenza a una comunità che si identificava e si ritrovava unita (è uno dei pregi-difetti della provincia) nella squadra di calcio. Da quel giorno (era dicembre) chiesi sempre (e venni accontentato) di andare sempre alla partita. Mio nonno paterno (appassionatissimo) e i miei due zii materni (malati di pallone) i miei accompagnatori ufficiali. All’epoca non c’era Sky o Mediaset. Il massimo era la radiolina che portava qualcuno per seguire la serie A. Ricordo che molto spesso partivano insulti dalla tribuna all’arbitro e ai giocatori avversari. Dal classico “cornuto” ad altri sicuramente più coloriti. Io, e tanti altri bambini come me, ridevo e spesso dicevo al nonno e agli zii “Hai visto, ha detto una parolaccia” e ridevo. Nel furore adrenalinico spesso mi veniva risposto: “evidentemente se lo meritava”. Guai però a ripetere o emulare i più grandi. Immediato partiva lo scappellotto del nonno che spiegava: “Guagliò tu sì piccirillo… e parolacce nun si dicono (ragazzo tu sei piccolo e le brutte parole non si dicono)”. Avevo poi voglia di protestare e replicare con mille argomentazioni fanciullesche. La risposta era sempre la stessa: “Quando sarai grande dirai quello che vuoi tu, ora zitto e vedi la partita”.
Oggi forse (o anzi sicuramente) qualcosa è cambiato. Una curva di bambini può urlare “merda” a un portiere avversario emulando l’esempio dei più grandi (visto e sentito in tv). Dietro ai fanciulli non c’era un “nonno moralizzatore”. Il loro esempio era quello delle curve e dei cori sentiti in tv. Giusto o sbagliato non so, di certo è un fatto che mi fa pensare (e anche tanto). Di sicuro posso affermare che io alle partite mi facevo un mare di risate a sentire tutte quelle “brutte parole”. Mi auguro che almeno quei bombi si siano divertiti anche se mi fa assai strano che un giorno potranno ricordare “Ah che ridere quando si gridava merda al portiere”.
Per concludere. Nella foto si legge “Siamo piccoli ma rubiamo alla grande. Forza Juve”. Gioco di parole simpatico e divertente…  Ho provato a sostituire alcune parole ne è venuto fuori: “SIAMO PICCOLI TIFIAMO COME I GRANDI”. Penso sarebbe bellissimo come nello “striscione originale” che i piccoli tifassero come i piccoli.

P.S. Aberrante è la multa di 5000 euro fatta alla Juventus per quei cori. Fa piacere (e soprattutto infonde fiducia per il futuro) che il modo di combattere certi  comportamenti sbagliati da parte dello Stato sia solo quello di fare multe. Se i comportamenti dei fanciulli sono da biasimare quello degli “organismi preposti“ è a dir poco sconvolgente.  

Foto  presa dal sito web gazzetta.it


domenica 1 dicembre 2013

Barbarella affila le unghie: vuole fare la “presidentessa” (ma sarà pronta?)



Crisi rientrata in casa Milan. E forse pure in casa Berlusconi. La squadra è tornata a vincere (anche se non proprio a convincere). Sponda societaria invece papà Silvio ha fatto da paciere tra la Barbarella e Adriano Galliani. Finisce un novembre da paura per Silvio Berlusconi. Espulso dal Senato, con i giudici alle calcagna, il presidente del Milan ha pure dovuto risolvere una crisi societaria. Tra “il vecio” Galliani e la “baronessa rampante” Barbarella. Il nuovo che avanza e il vecchio che non vuol cedere lo scettro. Storia che si ripete. Figli (reali o putativi) che, gioco forza, sono chiamati a “divorare” (spesso metaforicamente ma non sempre) i padri (anche questi reali o putativi) per poterne prenderne il posto.  Attenzione però a identificare in questo caso il “padre” con Galliani. In quest’ultimo, almeno secondo me,la bella Barbarella vede il “prolungamento” della figura paterna (Silvio per l'appunto). La mia impressione è che la “piccola” di casa Berlusconi abbia approfittato della crisi di risultati per entrare a gamba tesa e tentare di prendersi, almeno un po’ più di spazio, in una delle aziende di famiglia (in questo caso l’AC Milan). Insomma Barbarella, dopo anni di studio ha fatto ben capire al papà di essere pronta. Non tanto a fare l’Ad plenipotenziario (ruolo ricoperto e pure bene da Galliani) quanto il presidente, o meglio la “presidentessa” (e non so perché questa parola mi fa pensare a prima a Pato… poi a Speroni maledetto e Oronzo Canà, ma questa è un’altra storia). Silvio, che uno stupido non è ma talvolta finge di esserlo, ha risolto salomonicamente il tutto. Milan diviso in due (anche se stavolta non c’è stato nessuno che per il bene della creatura si è fatto da parte). Da una parte Barbarella, che avrà il compito di curare l’assetto societario e il marketing, dall’altra Adriano Galliani che si occuperà della gestione sportiva (e quindi mi chiedo io anche di quella tecnica che in parole povere vuol dire bye bye Paolo Maldini). Come nelle famiglie mulinobianchiste tutti vissero felici e contenti. Ogni contrasto è risolto e la pace viene siglata a cena e poi con una telefonata tutta baci e sdolcinatezze. Almeno è quanto viene detto e fatto sapere ai mass media. L’impressione però è che la questione sia stata solo rimandata. Sono certo che l’infuocata Barbarella sta già affilando le unghie. Chiaro l’obiettivo: lei vuole il Milan e statene certi che oggi o domani lo avrà. Io, da tifoso, spero solo che la futura “presidentessa” abbia le idee chiare e soprattutto le qualità per affrontare le sfide che i tempi pongono in essere.


venerdì 29 novembre 2013

SILVIO BERLUSCONI, LINDA LANZILLOTTA E ULISSE DI GIACOMO
Ovvero chi la Storia l’ha fatta (e in un modo o nell’altro la continuerà a fare), la fa (e, scommettiamo, verrà dimenticato) o chi fa da comparsa (e verrà dimenticato lo stesso)


Nell’epoca in cui l’informazione viaggia a velocità della luce (o del web), in cui tutto (e il suo contrario) fa e diventa notizia, in cui vengono sfornate (tipo sistema industriale a catena di montaggio) informazioni, si assiste (a parer mio) ad una sorte di bulimia mediatica che porta a rimuovere (e di conseguenza dimenticare assai in fretta) tutti i fatti che divengono (o fanno) notizia. Tralasciando il dibattito filosofico (fatto – notizia – informazione - comunicazione), tale preambolo (spero non eccessivo) serve per riprendere quella che, per tanti, è stata la notizia politica degli ultimi venti anni (19 a voler cercare il pelo nell’uovo): la decadenza di Silvio Berlusconi. Dalle 17.48 di mercoledì 27 novembre infatti Silvio Berlusconi non è più senatore della Repubblica Italiana. Un avvenimento che entra di diritto nella storia del nostro paese (anche se sarei curioso di sapere cosa riporteranno i posteri in merito a tutto ciò). Di contro, non entreranno nella storia (almeno quella con la esse maiuscola), fatti o personaggi di portata “mediatica” minore. Uomini (o donne) che hanno condizionato con scelte, decisioni e comportamenti lo svolgersi degli eventi, o che per un giorno (o un’ora al massimo due) sono saliti alla ribalta della cronaca (nazionale) per poi cadere nel dimenticatoio. Per l’occasione (stiamo sempre parlando della decadenza di Berlusconi) io ne ho scelti due.

LINDA LANZILLOTTA. Calabrese di nascita. Senatrice di Scelta Civica, ex Ministro per gli Affari Regionali nel secondo governo Prodi. Non è sicuro donna di primo pelo della politica italiana. Il suo voto in Giunta Regolamento al Senato è risultato decisivo nella decisione per lo scrutinio palese. Evento che ha “di fatto” condannato Berlusconi. Sono davvero in tanti a credere (e con ragione) che se mercoledì si fosse votato con scrutinio segreto forse il Berlusca sarebbe riuscito ancora una volta a scamparla (magari mettendo mano al portafoglio). Anche per questo in molti al Senato l’hanno applaudita. Riavvolgendo il nastro torniamo a poco più di un mese fa. In Giunta si decide tra scrutinio palese e segreto. Si gioca sui numeri e tutto è sul filo dell’equilibrio. Per lo scrutinio palese ci sono 3 senatori del PD, 2 dei Cinque Stelle, 1 di SeL. Di parere (e voto) contrario ci sono 3 senatori del PdL (Forza Italia è ancora in embrione), 1 GaL e 1 della Lega. A questi si aggiunge un senatore altoatesino del SVP. In totale fa 6 favorevoli contro 6 contrari. I membri della commissione sono 13. Ecco che entra in scena lei. Casini (UdC) è pro scrutinio segreto, ma la Lanzillotta (filo montiana, pro Renzi e favorevole da sempre a un’alleanza col PD) vota per lo scrutinio palese. Finisce 7-6. Il senatore Berlusconi ha i giorni contati.

ULISSE DI GIACOMO. Molisano doc. Cardiochirurgo, con un passato politico da fedelissimo di Berlusconi, ha ricopertola carica di Assessore alla Sanità in Molise,eletto senatore nel 2008. Nelle ultime elezioni è stato il primo dei non eletti in Molise. Balzato agli “onori” della cronaca solo per essere colui il quale prende il posto al Senato di Silvio Berlusconi. Non solo. Di Giacomo subito si dichiara “alfaniano”, dichiarando di non approvare affatto il percorso del PdL degli ultimi mesi e dichiarando la sua “non adesione” alla neonata Bis Forza Italia. Fregatura “doppia” per Berlusconi (per la serie cornuto e mazziato). 

Da sinistra: Silvio Berlusconi, Linda Lanzillotta e Ulisse Di Giacomo