Tenete presente Lello Arena che intervista James Senese.
Ecco, fortunatamente Elena Drozina non è James Senese e quindi non sono stato
mandato a ‘quel paese’, anche se sono quasi certo che più di una volta avrà
pensato ‘ma chist è pazz’. Soprattutto all’inizio (vero ehhh?). Lei comunque se
l’è presa ‘p’ammor e ddio’ e alla fine sono riuscito a cavarne comunque qualcosa di accettabile.
17 minuti e 17 secondi (scaramanzia portami via) di
intervista. Per cercare di capire chi è Elena Drozina. Mission impossible o
quasi. Io ci ho provato.
Il ritratto di ‘Droza’ (mi posso permettere?) uscito fuori da questa chiacchierata è
quello di una atleta e palleggiatrice di altissimo livello. Una testa dura, nel
senso che sa bene quello che vuole, decisa e in grado di fare scelte che
ti cambiano la vita solo per ‘una parola data’. Ma nel contempo anche una grandissima
professionista (nonostante la pallavolo sia uno sport dilettantistico), che
porta a termine una stagione onorando ogni impegno preso nonostante difficoltà
e problematiche varie. Che nonostante sia nata nel profondo nord (è di Trieste)
si trova benissimo da noi, tanto da aver scelto Aversa come casa sua. Ho
cercato pure di pungerla su tematiche quali “l’essere atleta-donna-mamma oggi” (lo
so, lo so, sono un poco casatiello), e pure se le domande non sono state
azzeccatissime e pertinenti (ancora, imbarazzato, chiedo scusa all’intervistata) qualche spunto interessante c'è stato.
E comunque se cominci una chiacchierata con una donna parlando di
età anagrafica e proseguendo con ‘orologio biologico’ penso che già puoi
ritenerti fortunato che non ti becchi una testata in faccia. Alla distanza
credo, o forse ci spero, sia comunque riuscito
a far venir fuori un po’ di Elena Drozina, quella vera.
GLI INIZI (O FRIDD
NGUOLL PROPRIO)
Se una arriva a vincere Champions (più un’altra finale persa
e la Coppa Cev), Coppe Italia, SuperCoppe e Campionati Nazionali, collezionando
promozioni ovunque... ma soprattutto, se una arriva ad avere una pagina su wikipedia (la fonte misura di tutte le cose 'vere e famose') tu pensi minimo minimo che sia uscita dalla pancia della mamma palleggiando. E infatti…
A che età hai cominciato a giocare?
“14 anni”
Ehhh?
“Ma prima ho fatto sci
e basket. Fisicamente ero già costruita. Ed ero abbastanza avanti anche per
quanto riguarda l’aspetto atletico e aerobico”.
Si ma le basi, i fondamentali?
“Io sono una persona
che quando mi attacco a una cosa la voglio a tutti i costi (anche io. Mi dicono
che sono azzeccato, pure a te?). Per migliorarmi palleggiavo a casa con il
muro tutti i giorni. Inizialmente giocavo come centrale, poi un allenatore mi
ha visto troppo bassa e mi sono ritrovata a fare la pallegiatrice”.
14 anni gli inizi. L’esordio in serie A invece?
“A 15 anni (ngull).
O meglio a 15 quasi 16, a Palermo (ahh vabbè, allora...). Ma ero nel gruppo, mica titolare
(giustamente, immagino quante 15enni fanno l’esordio in serie A). Poi ho
proseguito col Fano in A2 dove ero già titolare. Dopo a Montichiari, Bergamo e
le vittoria in Campionato e in Champions, la Coppa Italia, la superCoppa…”
UNA STRADA LUNGA.
FINO A CASA…
E poi? Come sei arrivata qui da noi?
“Nel 2004 sono arrivata ad Arzano che faceva
la A2. Siamo arrivati tramite i playoff in A1. Mi sono trovata bene, come posto
dove vivere.. Li ho conosciuto Della Volpe che faceva il secondo. Con lui è
nata una bella amicizia. L’anno dopo le nostre strade si sono separate ma
abbiamo continuato a sentirci. Un giorno, quando giocavo a Loreto in A2 mi
chiama per dirmi che allenava in B2 e dice: ‘se vado in B1 vieni’?’. E io,
‘guarda se vai in B1 ti prometto che vengo’. Ero in un momento importante della
mia carriera. Alla fine comunque lui arriva in B1 e mi dice quasi scherzando:
‘allora che fai, adesso vieni?’. E io sono una persona che mantiene sempre la
parola data. E rispetto i patti. E quindi ho lasciato Loreto per venire a Gricignano
(ok, da Loreto a Gricignano… diciamo che ci vuole
coraggio… e ti ho trattata. Ma, giuro, lei è davvero convinta di aver fatto una
scelta ottima). Nonostante Luciano (Della Volpe, ndr) alla fine quasi si
sentiva in colpa visto che rifiutai una richiesta importante da Villa Cortese,
all’epoca tra le migliori società d’Italia. Comunque, rispetto il patto e vado.
Vinciamo il campionato e andiamo in A2. Poi proseguo ad Aversa, sempre in A2,
dove facciamo degli ottimi campionati. E dopo un’esperienza, l’anno scorso in D
come allenatrice giocatrice, eccomi a Nola”.
Dunque da Trieste, profondo nord, fino a Nola passando per…
“Aversa. Vivo ad
Aversa (maronn, la polacca… ma a torta però).
Qua sto benissimo. Trieste è una città bellissima. Lì c’è la mia famiglia. Mia
madre, mio fratello con il mio nipotino. Io però qua mi trovo davvero bene. Al
Sud c’è più calore, su è diverso. Siamo un po’ più freddini (no, no, no… ti prego, stavi andando benissimo. Almeno non ha
detto se uno cade a terra lo alzano…)
ULTIMA FERMATA: NOLA
Poi sei arrivata qui?
“Nola è una società
organizzata davvero molto bene, di ottimo livello. Qua in Campania penso che
Nola sia il top come organizzazione. Anche durante gli allenamenti, siamo
sempre seguiti dalla dirigenza”. (…)
Una squadra costruita per vincere il campionato, o almeno per provarci…
“Ci devo essere basi
importanti per raggiungere certi risultati. Non è che fai una squadra di ottimo
livello e poi vinci per forza. La società alle spalle è fondamentale. E anche il
gruppo è fondamentale. Dalle più esperte alle più giovani. Stare in un gruppo
costruito per vincere deve essere un onore per tutti”.
Cosa ti aspetti da
questa esperienza…
“eeee… Di continuare
come stiamo facendo… mmmm…. Di crescere come squadra… Alla fine i risultati
arriveranno…” (il tono è quello di “guagliò, ma che ti devo dire”… Comunque colpa mia,
colpa mia. Domanda stupida. Alzo le mani)
COME SI PONE IL
PERSONAGGIO DROZINA NEI CONFRONTI DELL’ESSERE DONNA E ATLETA OGGI…
Ok. Ci mancava solo il “nostro” ed ero Lello Arena pari
pari nell'interpretazione di un giornalista ne "Il caffè mi rende nervoso". Ebbene sì, lo giuro: questa è stata la mia domanda di esordio. Potete immaginarvi uno che, già
fondamentalmente timidissimo, cominci a parlare con una campionessa che neppure
sa chi sei con robe tipo “giocare ancora alla tua età” e “difficoltà di un
atleta-mamma oggi”… Pure qua, o fridd nguoll, ma per la figura di merda
azzeccata. Vabbè, fortunatamente sono trasparente e alla lunga, dopo un attimo
di sbandamento iniziale mi/ci siamo ripresi. Ma dallo ‘scuorno’ per parecchio
tempo non sono riuscito con lo sguardo ad andare oltre le sue ginocchia.
Allora, andiamo
subito al dunque. La pallavolo sta alle donne come il calcio sta agli uomini.
Tra tesserati e praticanti in Italia il volley è lo sport numero uno tra le
donne. Eppure sono ancora tanti i passi da compiere. Il primo riguarda il
professionismo. Stando ad una legge vecchia come il cucco (1980) la pallavolo
maschile e femminile non viene indicata tra gli sport professionistici.
Considerando poi che si tratta di femminile, figurarsi quanto meno a parlarne.
Eppure nel 2017 lo sport donna per eccellenza (non c’è contatto fisico, non c’è
contatto fisico*) viene confinato, sulla carta, ancora nel mondo dei dilettanti.
Con tutta una serie di problematiche discriminatorie (e permettetemi, per le
donne valgono doppio rispetto ai colleghi uomini). Potrei affrontare il
discorso dei contributi, dei cartellini, ma sono in vena di figure di merda e
allora inutile perdere troppo tempo: per una donna che vive solo di sport è
abbastanza problematico ragionare sulla maternità. Cioè, senza neppure essere professioniste,
non c’è la minima tutela. Come la mettiamo in questi casi?
“Niente… C’è poco da
dire: non abbiamo nessuna tutela. Purtroppo è così” (sguardo
gelido… penso, mo abbusco. Ma veramente)
Un problema per un
atleta si rischia di fermarsi per più di un anno…
(Ecco, qua è quando Droza ci chiarisce perché a partorire sono le donne e non
gli uomini)
“No, quale un anno (ecco, finalmente…). Al massimo ti fermi 9
mesi. Ma esagerando. Io ho avuto la fortuna di giocare con la campionessa cubana Mireya,
l’attaccante più forte al mondo credo. Se non sai chi è puoi vedere su wikipedia. (Proprio lo scuorno in faccia... e grazie COM'E' UMANA LEI). Ha giocato fino al settimo mese (ehhh?). Poi ha
partorito all’ottavo mese ed è tornata subito a giocare. Quindi in pratica è
stata ferma un mese o poco più”.
Una questione
comunque da risolvere…
“Già. Il
professionismo arriverà. Con calma… arriverà”. (dice con
la consepevolezza di chi la sa lunghissima… Poi ride. E penso che un poco mi prende per i fondelli).
All'intrasatta bussano alla porta. L’allenamento sta per iniziare. Anzi
è già iniziato… E a me restano ancora in mano due domande. Il motivo per cui sceglie sempre il numero 4 e se ha mai visto la Festa
dei Gigli (e ovviamente cosa ne pensa). “Mannaggia la miseria” (cit. Sofia).
ATTENZIONE (mo mi scordavo): Elena Drozina è la
prima atleta in 10 anni di storia del Nola Città dei Gigli presente su
wikipedia. Indipercui: comunicatori del Nola Città dei Gigli provvedete ad
aggiornare la pagina. E pure la foto che, con tutto il rispetto, fa sc… non è
proprio il massimo.
PS. Devo ringraziare l’amico-collega Nicola Alfano per la
disponibilità prestata. Ma stia tranquillo
che altre ne seguiranno (mi piacerebbe fino a maggio sentire tutte le ragazze del
rooster e prenoto già la prossima: Tonia De Martino). Di interviste e rotture di scatole. Ecco ora mi puoi bestemmiare addosso.
PS 2. Amanti calciofili, giuro: la prossima volta tocca a voi.
*Attenzione: il contenuto di tale affermazione è ironico.
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Ma non è troppo bella 'sta foto? Tra le tante è quella che mi è piaciuta di più. Come si dice: Leonardo ha mis a copp |