lunedì 18 dicembre 2017

Nola Città dei Gigli: parla solo il campo (gli spalti però non stanno certo in silenzio)



Per la prima volta da quando, un annetto o poco più, scrivo queste “pezze a colori” di cronache e racconti dagli spalti (prima del calcio, poi anche della pallavolo) non troverete, tranne una sola piccola, piccolissima eccezione, riferimenti alle atlete e al loro stare in campo o giocare.
Non riesco neppure a immaginare come possa essere una partita perfetta nel volley. E non voglio neppure provarci. L’impressione che ho avuto dagli spalti subito, sin dalle prime battute, e che sabato sera poche squadre sarebbero riuscite a uscire imbattute dal PalaSpork. E le avversarie (seconda in classifica con una sola sconfitta in stagione) lo hanno capito dalle prime battute. Quindi che senso avrebbe raccontarvi scherzosamente delle urla rabbiose della De Martino e di D’Alessio, della spietata freddezza di Drozina, dei colpi infallibili della Pericolo, delle prestazioni impeccabili di Prisco (sbaglia nulla) di Paura, del grande sacrificio di Palazzolo.  Sabato sera tutto al palaSpork emanava un’energia positiva e vincente. E tutte, tutte, ma proprio tutte (pure le “bad girls” sempre in castigo nell’angolino) le ragazze hanno messo in chiaro le cose nei confronti delle puteolane: “Belle, ma addò jate”. Decise, agonisticamente cattive e incazzate, mentalizzate e proiettate verso un solo e unico risultato possibile. E alla fine 3 a 0 (pieno, pienissimo) e tutti a casa. Felici e contenti. E’ stata una bella musica, una gran corale. In campo quasi una danza. Che mi è quasi venuta la voglia, alla fine di chiedere il bis.
Ecco perché qualunque cosa andrei a scherzosamente raccontare sarebbe una macchia. Sporcherebbe una vittoria, non renderebbe merito alla prestazione. E la dea Eupalla, nume tutelare supplente della pallavolo, se la prenderebbe col sottoscritto (che già non è che se la passa proprio bene). Sicuro proprio.  E, caro coach Della Volpe, lei non ha idea come le è andata di lusso….

Gli spalti
Ho visto la partita nel cuore della tifoseria. In mezzo al nocciolo duro dei “torroncini boys and girl”. Un uomo solo in mezzo a tante donne. Mi hanno coccolato (a botta di boeri e cioccolatini), dato lezioni di fair play, suggerito, stuzzicato, preso pure simpaticamente in giro. Mancava solo uno, anzi una, che quando mi giravo mi dava i cuppitielli da dietro e poi tutte con dito alzato.

Streching 1. Streching o qualunque cosa sia: per me hai vinto. Canta (credo, o recita qualcosa… non lo so) a tempo ad ogni tocco di palla. Esultanze coreografiche. Balletti strani e simpaticissimi (“style break dance”, che sono un over 40 e non saprei come definirlo). Giuro a metà terzo set ho strabuzzato gli occhi e pensato: “uàà, ma che sta cumbinann”. Streching o qualunque cosa sia: Simona Ruotolo ti sei meritata la menzione. Sei tu l’unica eccezione. Attenzione, “bad girls” all’angolino. Vi tengo d’occhio.

Il punto di rientro. Esiste qualcosa di più complicato del fuorigioco di rientro. Si, il punto di rientro. Cioè se una palla va fuori dalla banda ma nel lato avversario del campo può essere ripresa e passata indientro ma all’interno della banda. Altrimenti è punto per la squadra avversaria. Ci avete capito qualcosa? No? Ecco. 

La prima legge dell’abbigliamento tecnico nella pallavolo femminile. Quando si affrontano due squadre non importa di quante ragazze saranno composti i rooster, non troverai mai un paio di scarpette uguali all’altro.

La seconda legge dell’abbigliamento tecnico nella pallavolo femminile. Non importa di quanti colori possono essere le scarpette delle giocatrici, ci sarà sempre qualcuno (o qualcuna) a bordo campo che indosserà una sciarpa e un cappello che li racchiude tutti.  

Agenzia matrimonale. Giuro è successo veramente. “Scusate, ma qualcuno conosce quella signora col cane? No perché mi sembra la stessa razza di quello di un’amica, lei sta cercandone uno per accoppiarlo”. No, signore care… Ma davvero state facendo. Io lo scrivo. Però…

Nuovi cori. Vi ricordate la scena del rosario in Gatta Cenerentola? Ecco… Quando parte il coro: “uno, due, tre… Quattro” a quello ho pensato. Attendo immediato un “cinque, sei, sette, otto” che non è mai arrivato. Mi sono rifiutato pure di ascoltare le motivazioni. Mi basta sapere il motivo per domandarmi. Ma perché? Sto ancora ridendo. Brave, comunque.

Cori vecchi, pure troppo. Gentile vicecapa ultras “lady B” (non si offendano le altre, ma la tifoseria non può prescindere dalla sua presenza), posso chiedere di non sentire più il coro anni 80 sulla scia di “Carè, Carè, Carè, tira la bomba tira la bomba”. Ma può mai essere che dopo 30 anni non riusciamo a trovare di meglio. (Scusate ma mi avete provocato).

Streching 2. Fine primo set. Si sgranchisce le giunture con movimenti circolari. Prima le spalle. Poi braccia e gambe. Movimenti ripetuti prima di entrare in campo. Giusto, se si trattasse di un atleta. E invece no. Trattasi di Rosario “ProDUCKtion” Spanò (hai visto, sei stato nominato). Davvero dura, durissima la vita del fotografo. 

Alla consoooole 1. Per quanto mi riguarda già sapete: non smetterò mai di chiedere la marcia dell’Aida (vico Piciocchi style). Mi sto muovendo pure per una raccolta di firme. Per il resto già sapete. Il revival anni 80 mi fa consolare (propongo “su di noi”. Nonostante qualcuna (un nome a caso che inizia con la R) tiene un poco da ridire… ma richieste non ne fa.

Alla consoooole 2. Gentile Alfredo Diana, adesso la verità ce la puoi dire: dopo che hai finito di fare il preparatore atletico, vai a fare il dj e l’animatore nelle più famose discoteche di Napoli e provincia. Tranquillo. Non c pigliamm collera...

Alla consoooole 3. “Luciaaaa già sai’”. Che cosa? ‘O putimm sapè pure noi. Chiede qualcun… a dalle tribune.

Lezioni di fair play 1. “Perché chiede scusa del colpo? Mica l’ha fatto apposta. E’ una fase di gioco”. “Ma qua funziona così. E’ una questione di fair play. Ci teniamo tantissimo”. Mi devo imparare.

Lezioni di fair play 2. Ammetto che ogni tanto mi è partita l’imprecazione scostumata (ma pure di più) anche se a denti stretti. Prontamente e con gran signorilità sottolineata dalla vicina di seduta, con disquisizione sul “tifo”. Sempre pro, mai contro. A prescindere. Mi devo imparare.

Torroncini o boeri. I torroncini sono oramai un lontano ricordo. Caro Andrea, ora puoi pure fare a meno di andarli a prendere ogni volta (ebbene si, mi hanno detto tutto). Per me i boeri hanno arrevutato. Io la mia scelta l’ho fatta. A questo punto lancio un sondaggio virtuale: meglio i torroncini o i boeri? Votate in tanti. (lo so, lo so… sto proprio esagerando).


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