martedì 10 febbraio 2015

Ma voi la conoscete la cecìna? Io l’ho provata e vi racconto com’è (e da dove viene)



Che cazzo è la cecina? Me lo sono chiesto appena giunto in terra pisana, incuriosito dalle scritte assai frequenti fuori pizzetterie e panifici e simili. Prontamente sono stato subito corretto: "si dice cecìna, ed è davvero buona. Fatta coi ceci. Provala, magari con il pane" (a dire il vero il mio interlocutore ha anche precisato una serie di inesattezza del tipo "è di Livorno come il ponce"). Non potevo lasciarmi sfuggire di provare l'ennesima pietanza tipica e, alla prima occasione mi sono addentrato in un caratteristico forno del centro di Pisa..

Che cos'è. Onestamente non avevo minimamente idea di come fosse. Al mio ingresso in un piccolo forno di Piazza Cairoli infatti avevo intenzione di mangiare qualche focaccina o al massimo una pizzetta, quando mi salta subito all'occhio una specie di enorme frittata (o stranissima polenta) di forma circolare, poco spessa e di colore giallo dorato. Chiedo subito informazioni in merito e, senza neppure il tempo di parlare, mi ritrovo con un assaggio di cecìna calda tra le mani. Gustosa, anzi di più. Non ho dubbi: sarà quello il mio pranzo.  
Come si mangia. Il mio primo assaggio, quello di prova, è stato 'nature'. Nessun condimento accessorio. Solo dopo un paio di morsi il 'fornaio' mi ha detto se volevo provarla con il pepe. Il risultato non è cambiato: buonissima, anzi di più. Mel centro di Pisa io l'ho mangiata in una focaccia, la classica  "fo'accia con la cecìna" (che poi sarebbe il cinque e cinque dei livornesi), con una spruzzatina di pepe come unico condimento, nonostante mi venisse caldamente consigliato di provarla con il lardo di Colonnata (prossimamente non mancherò). Cibo da strada davvero ottimo, anche se particolarmente nutriente e, di conseguenza, un po' pesante. Mangiarlo in pausa pranzo insomma non è l'ideale, ma per me non per uno dallo stomaco di ferro come me non è stato affatto un problema. Tra le varianti mi hanno consigliato di provarla in abbinamento con una serie formaggi (fontina, stracchino o gorgonzola) o salumi (coppa) ma anche con la cipolla. Secondo me però la versione con focaccia e spruzzatina di pepe è davvero imbattibile. Da provare. Assolutamente.

 Le origini del mito: tra storia e leggenda. Anno 1284, le repubblica marinare di Genova e Pisa si contendono il predominio nel mar Tirreno. Ad avere la peggio sono i pisani, sconfitti nella battaglia della Meloria. I genovesi fanno numerosi prigionieri, che affollano le navi rendendole poco agili nella navigazione. Per questo motivo una di queste 'galere' abbia incontrato qualche difficoltà nell'attraversare il Golfo di Biscaglia, incappando anche in una tempesta. Per più giorni la nave venne sballottata dai flutti, imbarcando notevoli quantità di acqua di mare, che andarono a danneggiare i prodotti presenti nella stiva. Tra questi, in gran quantità, vi erano i ceci (legumi ben conservabili e per questo utilizzati come principale alimento di marinai e vogatori), che si inumidirono e ammollarono, e barili di olio, che si spaccarono riversando nella stiva il contenuto. Il resto lo fece l'umidità e il sale dell'acqua marina, trasformando tutto in una specie di purea. Per non sprecare ceci e olio andati a male, venne servita ai prigionieri pisani questo strano pastrocchio. Questi prima si rifiutarono di mangiare ma poi, con il passare dei giorni, vinti (anche) dai morsi delle fame non ebbero remore. Il sole aveva però trasformato quella strana purea in un impasto davvero buono, tanto che perfino i genovesi ne rimasero colpiti. Questi infatti ne perfezionarono la cottura in forno a legna (come avviene ancora oggi), ribattezzando la nuova pietanza come 'oro di Pisa', proprio per sbeffeggiare gli avversari sconfitti.
Le origini di questa pietanza però, con molta probabilità, affondano in tempi più remoti. Sia i greci che i latini erano soliti preparare piatti simili, come una serie di purea di legumi vari cotti al forno.

La cecìna in the world. E' in pratica diffusa per tutta l'area della costa tirrenica che va dalla Toscana alla Costa Azzurra, con una puntatina pure in Sardegna e a Ferrara... e persino in sud America. Numerosi i nomi che gli danno i toscani, a seconda della località: si passa dalla cecìna pisana, alla torta di Livorno (dove abbinata con la focaccia viene chiamata 'cinque e cinque') fino alla ‘calda calda’ di Massa. In Liguria viene detta farinata o fainà, mentre in Costa Azzurra è detta socca. In Sardegna, dove venne importata dai genovesi, è in uso soprattutto nella provincia di Sassari e viene chiamata fainè. Curioso il caso di Ferrara dove venne 'portata', qualche decennio fa, da un imprenditore pisano: chiamata 'i ceci' viene venduta al taglio, utilizzata anche come base per pizze e focacce. E' possibile trovare la 'cecìna' anche a Gibilterra, Marocco e alcune zone del sud America (in particolare in Uruguay) 'importata' da immigrati toscani e genovesi.



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