Mi sono
bastati pochi giorni di ‘post festa dei gigli’ per farmi venire l’orticaria al
solo sentir nominare ritardi, girate, sanzioni e vincitori… Dopo la ‘tempesta'
poi, dal 'dagli alla Fondazione' si è passati (in gran parte) al ‘non è il
momento di attaccarla’, e quindi tutta una serie di figuracce fatte sono
tornate in fretta e furia nel dimenticatoio (io però aspetto ancora i VERBALI
delle riunioni). Senza dimenticare l’organizzazione di un ‘giugno nolano’ da
sagra di paese, frutto di una programmazione senza alcun criterio e nient’affatto
lungimirante, in pratica atta solo a tappabuchi. Non serve a nulla organizzare eventi
a cadenza quotidiana se la maggior parte di questi non sono altro che una serie
di iniziative fini a se stesse, utili solo
a procurare un minimo di visibilità per l’associazione (sociale o culturale o
sportiva, e chi più ne ha più ne metta) che li pone in essere. Senza poi
considerare le tempistiche in cui vengono resi noti tali eventi, con il
programma pubblicato solo qualche giorno prima dell’inizio di giugno (alla
faccia della promozione turistica), con il ‘grande ospite’ del concertone finale
comunicato solo a ‘festa inoltrata’. Certo, ci sono state serate emozionati (dalla
musica dei gigli in concerto all’esibizione di Placido) ma non inserite in un
contesto generale (ah la programmazione, questa sconosciuta!!!) hanno reso poco
o nulla.
Tralascio
sull’incapacità della Fondazione (e degli organi preposti) di far rispettare
regolamenti e regole di qualche tipo, come preferisco evitare il discorso su
orari, ritardi e sanzioni. Di sicuro però credo che, dopo il sigillo Unesco, il “nodo
da sciogliere” riguarda la Fondazione Festa dei Gigli.
A prescindere,
dunque, dal fatto che la festa finisca o no alle 8 di mattina o dal numero di
girate effettuate a via San Paolino, ritengo la classe politica e l’amministrazione
comunale (ma anche noi cittadini) debbano interrogarsi sulla Fondazione Festa
dei Gigli. A cosa serve? A tutelare la festa? A promuoverla? Ad organizzare il
giugno nolano o solo i ‘tre giorni clou’? Dopo, e solo dopo, aver dato un
risposta a questi interrogativi, cominciare a nominarne i membri del cda della
suddetta Fondazione. A parer mio quelli attuali non sono affatto adatti al
compito che sono chiamati a svolgere (anche se ancora non è chiaro quale debba
essere). Ritengo che la Fondazione debba essere affidata a dei manager (magari
in promozione turistica, o dei beni culturali), stipendiati (magari con bonus a
obiettivo) e valutabili in base a risultati concreti, traguardi raggiunti. E
soprattutto in grado di programmare a medio-lungo termine (senza dimenticare la
capacità di attirare fondi e capitali da privati) e rendere il “marchio Unesco”
vero portatore di crescita culturale e sviluppo economico per il territorio
nolano.
Esempio Pomigliano Jazz. Dal nulla (ma proprio il nulla), in
meno di venti anni sono diventati un’eccellenza culturale della Campania, riuscendo
a proporre ad una manifestazione di spessore internazionale. A dimostrazione
che non serve il sigillo Unesco per dare vita a qualcosa di importante e che,
soprattutto, porti crescita e ricchezza per l’intero territorio. Copio e
incollo dal sito ufficiale (http://www.pomiglianojazz.com/festival/):
“Per
18 anni consecutivi, Pomigliano Jazz ha contribuito alla crescita culturale,
sociale ed economica del territorio coinvolgendo oltre 635.000 spettatori, molti dei quali alla prima esperienza con il
jazz ed altre musiche d’oggi. Oltre 3.700
tra artisti, operatori del settore e giovani cittadini alle prime esperienze
lavorative sono stati coinvolti nell’organizzazione. Oltre 5.200 i partecipanti agli itinerari turistici ed enogastronomici
tra i sentieri del Parco Nazionale del Vesuvio e del Parco Naturale Regionale
del Partenio, i palazzi e i borghi medioevali di Ottaviano, Somma Vesuviana,
Pollena Trocchia e Sant’Anastasia, i siti archeologici di Castellammare di
Stabia, Cimitile, Pollena Trocchia, Somma Vesuviana e Avella (e Nola, manca
Nola, NdA). Oltre 4.600 i bambini, i ragazzi e gli adulti che hanno finora
partecipato alle guide all’ascolto del jazz, con giornalisti e musicisti; ai
seminari di educazione al ritmo, con il contributo di percussionisti
d’eccezione; ai workshop professionali, rivolti ai giovani musicisti; ai
laboratori creativi, destinati ai più piccini, legati ai temi del riciclo:
tutti appuntamenti gratuiti, senza limitazioni di accesso, programmati non solo
in occasione della kermesse estiva ma anche durante l’anno, in collaborazione
con istituzioni educative e scolastiche”… Il tutto alla faccia dell’Unesco,
del giugno nolano, di Raf, del concertone e di Made in Sud… E scusate se è
poco. Senza dimenticare che loro un direttore artistico (ATTENZIONE, messo lì
da politica e – udite udite – non c’è nulla di male se questo PRODUCE RISULTATI) ce l’hanno
e le cose le fa funzionare a dovere.
E mentre a
Nola si discute di multe, pene accessorie, opere di bene, di chi vince e chi
perde, di girate e trottole, di chi sale e chi scende, a Pomigliano e in altri centri fanno
musica e cultura (ma no a chiacchiere o a slogan), creano ricchezza per l’intero
territorio. E a me, da nolano, un pochino brucia il mazzo a vedere nel
programma inserite anche Avella, Cimitile, Ottaviano, Sant’Anastasia, Somma
Vesuviana e Pollena Trocchia (avete letto bene, proprio Pollena Trocchia)… ma niente Nola. Che dire, forse l’avranno dimenticata o c’è stato un errore nei programmi… Ma tanto a noi
cosa interessa, abbiamo la millenaria festa dei Gigli, e l’Unesco, e le girate
e la Fondazione e il giugno nolano… Allora a che ci serve il Pomigliano Jazz
Festival? Con quello mica ci possono fare gli ‘emendamenti’ in parlmento e
farseli pure bocciare (e tutto per una ‘mangiata’ di euri)… Quella non è cultura. E poi lo sanno tutti: con la cultura non si mangia mica...
PS. Non
piangete per noi, SIAMO GIA’ MORTI… un colibatterio fecale gigante ci
seppellirà tutti (in un mare di merda)…